La metà degli anni settanta sono per Boetti anche un periodo di autoriflessione. Sull’esempio di Marcel
Duchamp e di Piero Manzoni, nel portfolio Insicuro Noncurante (1975-1976) egli ripercorre tutta la propria
ricerca artistica; in Tracce del racconto (1975-1976, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano) narra la sua
quotidianità d’artista attraverso la miriade di oggetti, che quotidianamente si accumulano sul tavolo di lavoro.
È una riflessione che, negli anni, si fa più intima e introspettiva, trovando espressione nei geroglifici
“d’invenzione” de Gli anni della mia vita (1976) e in immagini icastiche realizzate in punta di matita (Gradine,
Giogare, San Patrick, Collo rotto braccia lunghe), che l’artista presenta nel 1977 alla Galleria Marlborough di
Roma, o, ancora, negli scatti fotografici di Gianfranco Gorgoni (Specchio cieco, 1975; Due mani, una matita,
1975).